lunedì 19 luglio 2010

IL MONDO APPESO PER UN PIEDE


"Non sarebbe scampato all'impiccagione. Era ovvio che lo condannassero per quella carnevalata di cui si era fatto protagonista. Oscurare il sole. Bella idea! E cercare anche di prendersene il merito sulla pubblica piazza!"

Correva l'anno 1386, era la domenica di Pasqua e da soli pochi minuti per i vicoli di Roma era riecheggiata la frase "Habemus Papam!".
Una folla di curiosi si riversava nelle strade per rendere omaggio a Urbano VI; i commercianti abbandonavano frettolosamente le loro botteghe, i bambini correvano scalzi, le meretrici lasciavano i loro clienti sul più bello e seguivano, aggiustandosi la sottana, il suono delle campane.
In tutto questo frenetico viavai, un uomo, vestito di una giubba rossa e blu, si ergeva tra la folla, complice un rozzo piedistallo di legno e additava il cielo con sguardo alienato.
"Il sole, il sole!" gridava con quanto fiato aveva in corpo. I capelli scombinati, le gote rosse di febbricitante eccitazione, la fronte imperlata di sudore e quel braccio proteso verso l'alto. "Il sole, astro maledetto, assassino di illusioni, rivelatore di disgrazie! Sparisci, sparisci, sparisci, che io ti maledico."
La gente pareva non fare troppo caso alle urla dell'uomo, abituati com'erano a tutti i folli, fanatici, esaltati e ciarlatani che facevano di Roma il proprio palco. Continuavano nella loro direzione senza dedicargli più di uno sguardo, senza carpire più di una parola o due, lanciandogli una qualche imprecazione tanto perché era la Santa Pasqua.
Ma il disinteresse non ebbe modo di durare a lungo; il sole, come obbedendo alle parole di quel folle, si lasciò fagocitare da un disco di un nero impenetrabile e Roma sprofondò nel buio più completo, quel buio che non è solo assenza di luce ma anche panico, paura, disperazione, estasi. Solo una flebile corona di una bianco lattiginoso era rimasta nel punto che il dito ancora proteso indicava, e di fronte al miracolo un urlo, annidato nelle viscere fasciate da quella giubba rossa e blu, finalmente si libera.
"Io sono Dio."
Gli uomini, le donne, divenuti come di sale si sciolsero in un inchino collettivo, caddero sulle ginocchia e in silenzio piansero per il sole, per se stessi, per i propri cari, per il verde degli alberi e la lucentezza dei ruscelli.
Ma il sole sorge ogni mattina, dopo un'assenza lunga una notte e così fa da sempre, eternamente ricompare. E ancora una volta adempie al suo quotidiano dovere. Come eccezionalmente scomparve, eccezionalmente riapparve, come un'alba scaturita non dall'orizzonte, non da un qualche paradiso d' Oriente, ma da un punto in alto nel cielo che nessun dito indicava più.
E mentre il popolo gioiva della vita ritrovata, completamente dimentico del nuovo papa, l'uomo che credeva di essere Dio veniva trascinato dalle guardie giù dal suo piedistallo, e condotto senza che opponesse alcuna resistenza di fronte a un indispettito e molto poco meravigliato Urbano VI.

Ancora negli abiti cerimoniali e con la mitra calcata sulla fronte, Urbano VI sedeva sul suo trono aspettando di incontrare l'uomo che gli aveva subdolamente rubato la scena.
Annoiato dall'attesa, giocherellava con l'orlo della veste, sbuffando di tanto in tanto e si domandava quale pena fosse la più confacente a quel matto.
Temeva che la sua immagine potesse risentire di un'eccessiva severità e che troppa clemenza gli potesse far perdere autorevolezza proprio il primo giorno dell'incarico per il quale aveva dovuto avvelenare più di un principe, qualche cardinale e una manciata di inservienti indiscreti.
Immerso nelle sue riflessioni reagì con un lieve sobbalzo all' annuncio della guardia.
"Il prigioniero è qui, Santità"
"Fatelo entrare" borbottò " e sbrighiamoci con queste assurdità"
Con i polsi stretti dalle catene e un sorriso appena accennato, l'uomo trascinò i piedi fino a pochi metri dal trono del pontefice.
"Lo sai cos'è un'eclissi, tu, misero idiota?"
Alle parole di Urbano VI seguì solo un insolente silenzio, così come a tutte le successive domande. Alla fine il papa, spazientito da quest'uomo che come in una sorta di trance continuava a rimirarsi l'unica scarpa che indossava compiaciuto chissà da cosa, proferì la sua decisione.
"Tu, chiunque tu sia, sei un uomo fortunato. Indegno di rimanere oltre in questa città verrai punito con l'esilio poiché nel primo giorno del mio pontificato io rendo gloria a Dio perdonando la tua eresia. Ma prima, a monito per gli altri, verrai appeso alla forca per quel piede che tieni nudo.
Questa è la mia sentenza, e ora , sparisci.


"E la cosa più assurda è che se ne stava appeso a testa in giù senza potersi muovere, legato come un salame, con la faccia di uno che non ha mai fatto altro nella vita che guardare il mondo sottosopra, completamente sereno, a suo agio."
"Si vede che il mondo, dopo che hai oscurato il sole, ha più senso visto appeso per un piede."

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