lunedì 19 luglio 2010

LA RAGAZZA E IL DIVANO


"Eh ma io ho il divano!"
La musica è piuttosto assordante, impossibile pretendere di discutere un trasloco sotto le casse di un locale dove un tipo vestito da mago Silvan canta arrampicandosi sui muri.
Eppure non demordo.
"Sì ho capito, ma sto divano deve per forza vivere con noi?"


Il divano sarebbe venuto per forza a vivere con noi.
Lei al suo divano non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo, a costo di doverci dormire, a costo di mangiarci sopra. Il divano era la cosa più importante del pianeta e... sì, sarebbe venuto a vivere con noi.

D'altronde era un divano di un certo calibro, un viaggiatore, un intellettuale. Un divano del quale era facile innamorarsi. Comprato da un rigattiere tra le strette viuzze di Zwolle, era di un rosso acceso con qualche macchia qua e là. Nel tempo si era arricchito di cuscini, comprati in un Baazar turco, e di un plaid con portatelecomando incorporato, regalato da Blockbuster al centesimo vhs affittato.
Il divano infatti era un cinefilo appassionato, anche se contemporaneamente provava un'attrazione perversa per la Tv generalista. L'unico posto in cui riusciva a stare in casa, in qualunque casa, era davanti al televisore ed era impossibile, per quanto lei ci avesse provato, placare la sua insofferenza.
Non era un divano da salotto, il suo divano doveva stare di fronte alla TV.
D'altra parte per un divano nato nel 1800 anche il palinsesto RAI assume un fascino senza precedenti e pur di non sentire cigolii e lamentosi scricchiolii, Claudia lo accontentava sempre.
Il suo era un divano viziato.
Oltremodo viziato, ma anche meritevole delle concessioni alle quali lei si lasciava troppo spesso andare. Il divano, se di buon umore, era il luogo ideale per portare avanti colte conversazioni. Ottimo suggeritore, erano pochi gli argomenti sui quali aveva lacune, uno di questi l'entomologia. Ma è vero anche che quel ragazzo con gli occhiali e una laurea in biologia Claudia ha smesso immediatamente di frequentarlo, e dunque la sua ignoranza sui coleotteri non rischiava più di essere notata.
Più di una volta la guidò attraverso i tortuosi passaggi della filosofia platonica, e mai avrebbe potuto cinguettare frasi come "ha un movimento sinusoidale" oppure "è un evidente gesto apotropaico" se non fosse stato il divano a sussurarle l'esclamazione giusta al momento giusto.
Era un divano a cui doveva qualcosa, e portarselo in giro era il suo modo di dirgli grazie.


Quindi il divano sarebbe venuto a vivere con noi.
Desisto.
Il tipo che canta ha di nuovo cambiato cappello, e anche genere musicale. Tra l'altro prima pareva più alto.

"Eclettico il ragazzo!" Esclamo.
"Guarda che è un altro gruppo." Mi sento rispondere.


Se solo ci fosse stato il divano...

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